La definizione “splendidissimo” con la quale il paggio Oscar definisce il ballo in maschera nell’omonimo capolavoro verdiano, ben si addice allo spettacolo andato in scena al Teatro Carlo Felice. Infatti, Un ballo in maschera, melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Somma tratto da Gustave III ou Le bal masqué di Eugène Scribe, nel corso delle sei recite in programma ha sempre entusiasmato il pubblico come raramente accade. Opera decisamente raffinata, dove la tragedia si stempera nella piacevolezza musicale, la tenerezza si sostituisce alla passione e, inaspettato, un velato momento di umorismo (decisamente merce rara per il compositore bussetano…). Nel contesto di un sontuoso allestimento coprodotto dalla Fondazione Teatri di Piacenza, Teatro Alighieri di Ravenna e Teatro Comunale di Ferrara, abbiamo assistito ad uno spettacolo perfetto in ogni sua componente, dove le emozioni si rincorrevano senza sosta: musicalmente coinvolgente allo spasimo grazie ad una direzione di un’ottima orchestra a cura del maestro Donato Renzetti, coadiuvato da un cast di interpreti al top della condizione e bravura: è sempre una gioia ascoltare la splendida voce di Francesco Meli, qui un Riccardo da antologia, così come l’intensa Carmen Giannattasio nei panni di Amelia e il meravigliosamente dolente Roberto De Candia nel ruolo di Renato. Credibilissimi e perfettamente in ruolo Anna Maria Sarra (Oscar), Maria Ermolaeva (Ulrica) in una locandina che vedeva anche Marco Camastra (Silvano), John Paul Huckle (Samuel), Romano Dal Zovo (Tom), Giuliano Petouchoff (un giudice) e Claudio Isoardi (un servo). Scene firmate da Carlo Centolavigna e regia curata da Leo Nucci da manuale, in quanto perfettamente consone alla vicenda (e credeteci, di questi tempi accade sempre di rado…). All’ultima rappresentazione calorosi e prolungati applausi con ripetute chiamate al proscenio, come a voler fermare la magia del momento.
gb