Gazzettino Sampierdarenese

Il mensile di San Pier d'Arena online

“Fertility day”, così la pensa “Comunicazione pubblica”

Ott 8, 2016

Il nostro sito, come il cartaceo, è un formidabile punto di incontro e di scambio di idee. Nostra filosofia è dare voce alla gente che altrimenti non l’avrebbe o ne avrebbe poca. La nostra linea è pubblicare tutto, al di là delle parti ed oltre le singole idee, tranne ciò che può essere offensivo, lesivo di qualcuno e che sia di accusa generalizzata o frutto di ideologia o parere personale. La nostra redazione è variegata quanto ad idee e capita talvolta che alcuni siano d’accordo ed altri no, con chi commenta o scrive. Ma a noi preme fare bene il nostro lavoro di infornazione, ampia e diritto di tutti. E questo ci premia in quanto, quasi ogni giorno, persone, istutuzioni, associazioni, ci inviano comunicati, mail chiedendo di essere pubblicati. Ciò significa che siamo davvero alternativi ai manichei di parte; che di noi la gente, il popolo “sovrano” ha fiducia e ci stima. Grazie a tutti costoro con promessa che su questa linea proseguiremo con tutto l’impegno possibile.
In questo caso riceviamo e pubblichiamo il parere di “Comunicazione pubblica” sul “fertility day”, oggetto di ampia discussione. Lo riceviamo tramite la nostra eccellente redattrice Caterina Grisanzio, socia dell’Associazione dal 2008. Ed Associazione che ai sensi della L. 4/2013 certifica il fatto di essere comunicatori pubblici,che hanno determinate caratteristiche e professionalità derivante da curriculum studiorum, corsi e attività professionale. In particolare la Grisanzio, laureata in Scienze della comunicazione triennale e specialistica, è anche comunicatrice in Regione.
d.fram.
Il comunicato.
La vicenda della campagna di comunicazione sul “fertility day”, che ha suscitato aspre polemiche indirizzate al Ministero della Salute, merita una riflessione e il punto di vista dei comunicatori pubblici.
L’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale (“Comunicazione Pubblica”) da oltre 26 anni è impegnata, con grandi sforzi e con molta determinazione, per l’affermazione di funzioni, ruoli, professionalità e strategicità di chi opera nel vasto e complesso mondo della comunicazione nella P.A.
Non è nostra intenzione alimentare qui l’ennesima polemica sulla politica, né entrare nel merito delle decisioni relative al tema specifico di cui si tratta, ma da comunicatori pubblici non possiamo evitare di puntualizzare alcuni elementi che sono emersi, sui quali ci sentiamo (e sappiamo) di avere competenza, e di porci alcune domande.
Innanzitutto una constatazione di carattere generale: la sistematica riduzione della comunicazione pubblica a elemento sovrastrutturale e superfluo delle attività della P.A. – tangibile nella mancata attuazione di quanto prevede la Legge 150/2000 (legge quadro nazionale in materia di comunicazione pubblica delle P.A.), palese nel progressivo taglio di risorse di cui è stata oggetto, specie con l’avvento della cosiddetta “spending review”, clamorosa nella disattenzione alla disciplina stessa della comunicazione – evidentemente porta i suoi frutti.
La comunicazione pubblica o è valorizzata quale elemento strategico nella relazione tra Istituzioni e Cittadini, oppure è destinata al solo consenso se non, ci sia consentito il paragone, alla “generazione di mostri”.
In secondo luogo, e in conseguenza diretta di quanto appena constatato, la comunicazione pubblica viene ridotta inevitabilmente, nel percepito di tutti, a mera propaganda, sfigurandone gli stessi connotati e producendo una vera e propria “trappola politica”. Non a caso la questione si è tramutata in rissa pro o contro il ministro di turno, lungi dal considerare ciò che invece dovrebbe essere essenziale, ovvero: la campagna è efficace? Funziona? Produce effetti positivi o è controproducente? Da quali dati si parte? Dove si vuole arrivare? Quali sono gli effetti sperati? Chi ha indicato gli obiettivi, indicato gli strumenti e individuato il pubblico di riferimento ha analizzato tutti gli aspetti? Ha fatto ricerche in merito? Benchmark con altre esperienze in altri paesi? Ha valutato il feedback? Ha tenuto conto del contesto? Ha testato la promessa? E la comunicazione visiva? Ha considerato i servizi a supporto? Il razionale? Ha valutato l’appeal del messaggio? La sensazione, nel caso, è che non ci sia stato un gran lavoro, che sia mancato un serio breafing, e che sia stata ampiamente sottovalutata la delicatezza del tema. Qualunque comunicatore è perfettamente consapevole che soprattutto alcuni temi sociali vanno “maneggiati con cautela”. E’ andata così?
In terzo e ultimo luogo, da quel poco che si può vedere, ci pare anche opportuno chiedere: la Direzione generale della Comunicazione è guidata da un esperto di comunicazione pubblica e istituzionale con comprovata esperienza e con la necessaria professionalità? la campagna è stata condivisa con il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio? le cui funzioni di “centro di orientamento e consulenza”sono ben descritte nelle norme di settore e che le indicazioni in questo senso esistono da decenni.
In conclusione, e per trarre il meglio anche dai peggiori infortuni: l’episodio di queste settimane, così ridondante sui media, deve farci riflettere come associazione Compubblica e come esperti del settore sui nodi della comunicazione pubblica, che nonostante il livello della discussione possa oggi farlo sembrare, non è da smantellare, è da ricostruire! Non si getti il classico “bambino con l’acqua sporca”, ma si faccia tornare il dibattito sulla necessità, sempre più attuale, di una comunicazione pubblica istituzionale, seria, competente, professionale, autonoma e distinta dalla politica. Solo così sapremo fare un servizio migliore e attento ai cittadini.
L’Associazione “Comunicazione Pubblica”

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