Decisamente uno degli spettacoli più intensi, coinvolgenti e di raffinata eleganza a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, Il Tamerlano ovvero la morte di Bajazet, di Antonio Vivaldi è andato in scena nella splendida cornice del Teatro del Giglio a Lucca. Gemma di rara bellezza, inspiegabilmente quasi mai rappresentata in Italia, Il Tamerlano ovvero la morte di Bajazet, tragedia per musica (qui eseguita nell’edizione critica ricostruita da Bernardo Ticci nel 2019) è un “pasticcio”, ovvero un’opera in cui confluiscono non solo pagine preesistenti dell’autore, ma anche di altri compositori: all’epoca (1735) una prassi consolidata, che nulla toglie all’irresistibile incisività della scrittura vivaldiana. Tra meraviglia barocca e emozioni senza tempo, in un contesto alla Blade Runner ed un’universo postapocalittico, il regista Stefano Monti (che ha firmato anche le scene e i bellissimi costumi) ha confezionato uno spettacolo nel segno di una non comune eleganza, razionale e conciso, a totale servizio della splendida partitura vivaldiana, con, a nostro avviso, la geniale idea di affiancare ad ogni interprete un suo doppio danzante, a testimonianza delle proprie passioni interiori. A questo proposito va elogiata la prova dei sei ballerini della DaCru Dance Company, ottimamente coreografati da Marisa Ragazzo e Omid Ighani. Autentici fuochi d’artificio le superlative prove dei protagonisti, in un’assoluta gara di bravura che ha visto Filippo Mineccia (Tamerlano), Gianluca Margheri (Bajazet), Delphine Galou (Asteria), Federico Fiorio (Andronico), Marie Lys (Irene) e Arianna Vendittelli (Idaspe), senza vincitore alcuno, se non l’estasiato pubblico, deliziato da tanta perfezione. Da antologia la direzione del maestro Ottavio Dantone, alla testa di Accademia Bizantina, splendida realtà di questo raffinato repertorio. Non pochi applausi durante l’esecuzione e autentica apoteosi al termine.
gb