Gazzettino Sampierdarenese

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Torna l’editoriale del direttore, diario di viaggio quando non si viaggia più

Feb 6, 2016

Diario di viaggio di pochi giorni fa, quando era bellissima la giornata, limpida come poche tanto da vedere le Alpi- spettacolo come se fossero da toccare appena allungando le braccia; quasi vuota l’autostrada lungo un itinerario che non percorrevo soltanto che da pochi mesi ed ero abituato a seguire in mezzo a Tir e centinaia di auto. Persino raggiungendo le tangenziali milanesi in ora di punta l’unica attenzione che occorreva era quella rivolta a tutor ed autovelox per i quali mantenere la velocità giusta: 90-100 massimo 110 orari. Limiti da non superare che non preoccupavano certo quando si viaggiava in lunghe code, a tratto persino ferme. E l’addetto all’impianto di carburante presso il quale rifornisco il serbatoio quasi vuoto della mia auto, alla mia osservazione che, pur percorrendo migliaia e migliaia di chilometri l’anno non riesco ad abituarmi a questa scarsità di traffico, mi confessa: “c’erano dieci- dodici società di trasporto i cui camion si rifornivano abitualmente qua; sette di queste hanno chiuso. Fallite. E le altre hanno ridotto passaggi e pieno di carburante”. E poi ecco che spunta il dramma sociale: “Eravamo in nove qua, in vari turni. Ora siamo in tre”. E’ crisi, forte, perdurante e un giornalista, se il mestiere vuole farlo per davvero, sta con la gente, ascolta, parla e più che gli…zero virgola che piacciono tanto ai politici o i macro dati che permettono ai professori di spiegare che sanno tutto loro, pure se la nazione economicamente affonda per crisi e loro teorie. Teorie, appunto, perché la realtà è diversa. Il trasporto che non c’è, è il primo sintomo di malessere, di prodotti che non girano. Fermi i camion, è ferma l’industria, la produzione, il commercio. Si ferma l’economia di un Paese, si perdono posti di lavoro, non se ne creano nuovi. Ne abbiamo detto fino a stancarcene, noi stessi e voi, cari lettori. Qui si deve ricominciare se non da zero, quasi. I consumi sono scarsi come mai e per abbassare i prezzi non esitiamo, noi Paese ad altissimo tasso e sensibilità sociale, come pochi al mondo, ad importare prodotti low cost un po’ realizzati con pessima qualità; un po’ resi tali dalla manodopera pagata un piatto di riso, un dollaro al giorno. Ignobile sfruttamento che pare andarci bene fuori dai nostri confini quando, all’interno dei nostri, siamo pronti (e giustamente) a piangere sui cassintegrati, gli esodati, chi sopravvive con contratti di solidarietà ed indignarci per chi viene messo in mobilità. Mi domando e vi domando: ma qual’è la logica sociale di questo Paese? Dove sono gli imprenditori che si fanno vanto di avere aziende dove si rispetta il lavoro e la dignità umana? Non vorrei che fossero in Paese lontani ma magari anche abbastanza vicini dove hanno “dislocato” le aziende e dove paghe e tutele sociali sono come da noi negli anni ’50 e persino peggio. E dove sono i governanti che dovrebbero gestire import-export, economia, industria e commercio? Scorrevano i chilometri dell’autostrada. E pur andando veloci, nel rispetto rigoroso tuttavia dei limiti, 300 e passa chilometri in solitudine ti danno il tempo di riflettere e meditare, distraendosi dai pensieri solo per ascoltare per qualche attimo Isoradio, che ti da traffico piatto in tutta Italia, salvo qualche coda in caso di incidente. Viva l’Italia pensavo; bella l’Italia, insistevo tra me e me, quando il sole che si rifletteva sulle Alpi rendeva impossibile non essere muniti da occhiali da sole. Monti al Nord estremo della nazione, mare della mia Genova più a Sud e ricordo di una vacanza di Capodanno nel nostro splendido Meridione; affascinante nella natura, nel mare e nel clima e persino nel cibo, per quanto ne sia parco ed attento….Il mestiere ed il lavoro rendono nervosi e quindi soggetti a gastrite di rabbia, in questa Italia incredibile, formidabile per genio ed inventiva della gente comune ma da molto, molto tempo così mal governata da tecnici, politici e burocrati che saranno pure pluri laureati ma che di lavoro vero, concreto, produttivo, che dà reddito ed occupazione, proprio sono inesperti. Non ne hanno cognizione.
Dino Frambati
d.frambati@seseditoria.com
precedenti editoriali:
https://www.stedo.ge.it/?p=20384 (Italia, Genova, San Pier d’Arena)
https://www.stedo.ge.it/?p=20323 (Burocrazia che ruba la vita)
https://www.stedo.ge.it/?p=20265 (Buon 2016)
https://www.stedo.ge.it/?p=20162 (Banche ed Europa)
https://www.stedo.ge.it/?p=20109 (L’Italia vera)
https://www.stedo.ge.it/?p=20007 (La Fortuna)
https://www.stedo.ge.it/?p=19981 (La violenza sulle donne)
https://www.stedo.ge.it/?p=19885 (Allons Enfants)
https://www.stedo.ge.it/?p=19472 (Cellulari e caminetto)
https://www.stedo.ge.it/?p=19662 (In crociera con i bimbi)
https://www.stedo.ge.it/?p=19229 (Il Giusti poeta e giornalista)
https://www.stedo.ge.it/?p=18935 (Fate l’amore non la guerra)
https://www.stedo.ge.it/?p=18856 (Mondo meglio di apparenza)
https://www.stedo.ge.it/?p=18630 (Brescello, Italia che piace)
https://www.stedo.ge.it/?p=16511 (Peppone e Don Camillo)

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