Gazzettino Sampierdarenese

Il mensile di San Pier d'Arena online

Trecento anni portati splendidamente

Mar 27, 2017

L’amore fra Didone, regina fondatrice di Cartagine ed Enea, l’eroe troiano che ne aveva conquistato il cuore, sta volgendo al termine: richiamato al suo dovere dagli Dei, Enea deve lasciare per sempre Didone e rimettersi in viaggio. Donna risoluta e fiera, Didone, abbandonata dal suo amante, stretta dal re dei mori Iarba, che di lei vorrebbe mano e regno, ingannata dalla sorella (anch’essa innamorata di Enea) e tradita dal suo confidente, alla fine si uccide immolandosi fra le fiamme in cui sta bruciando Cartagine, messa a ferro e a fuoco da Iarba. Questo il canovaccio (neppur troppo semplice..) di Didone abbandonata, di Leonardo Vinci, su libretto di Pietro Metastasio, andata in scena al Teatro Verdi di Pisa, a conclusione di un’intensa ed interessantissima stagione lirica. A confrontarsi con quello che si può definire uno dei libretti più interessanti del Metastasio, furono diversi tra i più grandi musicisti del settecento: a partire da Domenico Sarra, che nel 1724 la portò in scena al Teatro San Bartolomeo di Napoli, cui seguirono versioni di Scarlatti, Albinoni, Händel, Porpora, Paisiello e moltissimi altri fino a contare una sessantina di autori. Tra questi Leonardo Vinci, uno dei massimi esponenti della cosiddetta “scuola operistica napoletana” che propose la sua versione il 16 gennaio 1726 al Teatro delle Dame di Roma. Dunque quasi trecento anni di vita di questo autentico momento di storia della musica che, nonostante il grande successo riscosso a suo tempo, cadde progressivamente nell’oblio. A riportarlo in vita, riproponendo al pubblico d’oggi tutto il fascino del mito e del barocco in esso contenuto, una meritoria coproduzione fra il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e la Fondazione Teatro di Pisa, in uno spettacolo pregevolissimo nella sua semplicità. In una messa in scena all’insegna del risparmio, essenziali al massimo le scene di Gabriele Vanzini, ma con soluzioni efficaci grazie ad un appropriato impianto d’ombre curato dalla Compagnia Altretracce, garbata ed accurata la regia di Deda Cristina Colonna. Musicalmente di notevole spessore, dove, accanto ad una splendida Roberta Mameli nel sofferto ruolo della protagonista, da segnalare la superba prova del controtenore Raffaele Pé, una rara voce cristallina per il ruolo di Iarba. Credibilissimi gli altri interpreti: Carlo Allemanno (il perennemente indeciso Enea), Gabriella Costa (Selene), Marta Pluda (Araspe) e Giada Frasconi (Osmida). Ancora una volta una garanzia Carlo Ipata, autentico specialista nel repertorio, nella sua inappuntabile direzione d’orchestra.

gb  

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