Io non ho figli, non sono insegnante né medico. Quindi non avrei titolo per scrivere di scuola in tempi di pandemia; però l’attuale situazione apri(poco)-e-chiudi(tanto) della scuola italiana, ed europea in genere, mi perplime, come direbbe Corrado Guzzanti. Da bambino “vedere gli asini che volano” significava qualcosa di incredibile e impossibile; fino a poco tempo fa avrei considerato “asini che volano” i ragazzi quindicenni che protestano in piazza perché vogliono andare a scuola mentre gli adulti glielo impediscono. Adesso succede. Il tema del mondo alla rovescia, avrebbe detto il mio compianto professore di italiano del liceo, Giorgio Cavallini.
Mi chiedo quale sia il significato profondo di questa difficoltà che gli adulti hanno nel (non) fare andare a scuola i ragazzi, privandoli di una parte fondamentale della loro crescita sociale, emotiva, psicologica, obbligandoli a rinchiudersi in casa da soli davanti a un tablet. Poi penso che l’Italia è la nazione più vecchia del mondo e l’Europa è il continente più vecchio del mondo e mi stupisco meno, perché forse del futuro ai vecchi non gliene frega granché. Io vado per i 62 anni; non mi sento rebecucco ma non sono più giovane e il mezzo del cammin di mia vita l’ho passato da un pezzo, però non riesco a ragionare alla Luigi XV, dopo di me il diluvio: mi sembra un suicidio della civiltà il dire “non riusciamo a gestire le scuole aperte quindi ragazzi statevene a casa e accontentatevi della DAD”. Ma pare che per i politici e gli esculapi nostrani i campionati di calcio siano più importanti della scuola, i calciatori possono baciarsi sulle teste sudate e montarsi come stalloni del Nebraska dopo ogni gol ma i sedicenni devono trascorrere le mattine da soli senza uscire di casa e socializzare.
La sociologa Chiara Saraceno (79 anni, mica una sbarbina) ha detto: “adolescenti e giovani dovrebbero essere vaccinati subito, dopo gli operatori sanitari, insieme ai loro insegnanti, dato che hanno una mobilità e socialità maggiore dei ‘grandi anziani’ come me, che tutto sommato possono continuare a proteggersi ancora per un po’”. Concordo: mobilità e socialità sono indispensabili agli adolescenti (politici e virologi si ricordano di essere stati giovani, un tempo?) e vaccinare loro proteggerebbe a cascata molti altri bravi cittadini attempati e quieti. Ma l’Italia non è un paese per giovani, si sa, non lo è per l’educazione, non lo è per il lavoro… Va beh, a furia di complicare la vita ai nostri pochi giovani casomai ci estingueremo, come i Sumeri e i Babilonesi; antichi civilissimi popoli che ricordiamo con simpatia, ma qualcuno sente la loro mancanza, oggi? E se sarà così anche per gli italiani, amen.