Gazzettino Sampierdarenese

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Dagli articoli di Ezio Baglini: i rivi nascosti di San Pier d’Arena

Ott 21, 2014

Prima dell’anno 1000 nulla era fatto per i corsi d’acqua provenienti da sopra Belvedere e sopra Promontorio; tanto è vero che buona parte della gente abitava prevalentemente sulle alture ed usava il litorale per orti e pascoli. Con l’anno 1100, la mano dell’uomo aveva, in alcuni punti, iniziato a canalizzare i fianchi del torrente Polcevera, per poter muovere le ruote di alcuni mulini. Inizia altresì lo sfruttamento delle terre più basse: compaiono i vari monasteri, e presumibilmente, vicino a loro, le miserevoli capanne dei poveri abitanti. Anche se l’agglomerato doveva essere ancora assai rado, i vari contratti – stilati dai notai e conservati all’Archivio Storico – dimostrano però che le terre erano già ben spartite e spesso date in affitto o usufrutto per essere utilizzate (pagamento in denaro, ma anche frutti della terra – dal grano all’uva, fichi ed altri ortaggi). Si salta nel 1400, quando i nobili genovesi iniziarono a vantare, in zona, loro più precise proprietà terriere, spartendosi le terre come fossero coloni: acquisite con i titoli nobiliari, forse con la forza, sicuramente con i soldi delle tasse. Alcuni di essi iniziando a costruire qualche casa in muratura di proprietà, le cui fondamenta (villa Centurione di piazza Montano; villa Serra Monticelli di via della Cella; villa Sauli di via Daste) verranno utilizzate per costruzioni che esistono ancor oggi. Dopo la metà del 1500 inizia l’epoca feconda dei palazzi da villeggiatura. Si costruiscono belle e numerose case, ma poche con specifica riserva d’acqua: si usavano i pozzi per quella potabile, numerosissimi, vista la conformazione del sottosuolo favorente falde d’acqua anche durante il periodo di siccità, ed i torrenti, lasciati al naturale con tutti gli inconvenienti nel periodo delle piogge, ma unici a funzionare da fognatura ed essere ‘lavati’ da quanto vi veniva scaricato giornalmente. Che noi sappiamo, solo l’Imperiale quando fece erigere la sua villa (oggi comunemente e per comodo chiamata Villa Scassi) curò incanalare l’acqua proveniente dal fianco occidentale di Promontorio, creando nella valletta tra i due santuari (Promontorio e Belvedere) oltre un lungo condotto alto anche due metri ed ancora esistente (usato dall’Ospedale per condutture di servizio e per lungo tratto ‘percorso’ e descritto dal Gruppo Speleologico), anche tre laghi, giochi d’acqua nei giardini e ninfei, una grossa cisterna sotto casa.
La carta del Vinzoni del 1757 fu fatta fare appositamente per censire le vie di scorrimento delle acque piovane in San Pier d’Arena, molto probabilmente fonte di grossi guai visto l’aumentare della popolazione, arrivata a circa tre mila ‘anime’. Lui intitolò la grossa mappa “Indice de li acquedotti” ed elencò tutta una serie di parole adatte a spiegare il deflusso dei torrenti, corretto e non dalla mano dell’uomo: “Condotto; rivo, purgo, acquedotto del stillicidio, ecc…”, mai torrente. Numerose sono le ville di proprietà (Imperiale, Pinelli, Crosa, Cambiaso, Doria, Centurione, Gerace, Grimaldi, Ventura, Magistrato Incurabili, ecc. citate nella carta, ciascuna delle quali riceve un ‘condotto’ – aperto o chiuso – o ‘fossato’; indice di una discreta e personalizzata – per i ricchi – canalizzazione delle acque dei torrenti. A quei tempi i torrenti, da secchi d’estate, malgrado l’alto grado di assorbimento del terreno, potevano essere terribilmente esondanti d’inverno, con apertura di nuovi percorsi ma soprattutto di formazione di vasche naturali, acquitrini e – nella zona del Campasso – non si escludono aree paludose. Quale grosso intervento dell’uomo, oltre quello dell’Imperiale su citato, appare quello eseguito sul torrente che da livello del monastero del Santissimo Crocifisso (oggi, forte Crocetta) scende nei terreni di G.B. Grimaldi (nell’attuale via San Giovanni Bosco – via Ardoino) per arrivare deltizzandosi in tanti rivoli al Polcevera: per esso il Vinzoni scrive “purgo coperto” da interpretare come ‘incanalato’ e coperto, ma solo nella parte alta del borgo al di sopra dell’attuale Quota 40 (non spiegabile se non per danni che procurava nel suo discendere alle altre proprietà). Per le grandi opere, il Nicolay del 1853 ed il De Ferrari Galliera del 1871 (del nostro Nicolò Bruno con i laghi del Gorzente) e la fornitura occorre aspettare la fine 1800. Ancora in quegli anni, non tutta la popolazione – non più di quattromila anime – ricevevano acqua dagli acquedotti; molti palazzi da costruire dovevano progettare una cisterna nelle fondamenta, che raccogliesse l’acqua piovana dai tetti e grondaie. Sulle falde dei monti c’erano alcuni laghetti: oltre quello degli Imperiale, uno importante a fianco della salita superiore Salvator Rosa, ma anche in via G.B. Monti.
Numerosi i recenti (Baglini si riferisce al 2010, ndr) provvedimenti del Comune, per sanare le strade del Campasso e di via Carlo Rolando, via Giovanetti ed i guai del palazzo della Posta in piazza Monastero; ricordando quelli più antichi riguardanti la crosa dei Buoi (via Stefano Canzio), la crosa della Cella e tutta la Coscia con il San Bartolomeo i quali tutti prima di sbucare in mare sconvolgevano la strada della Marina e del centro rendendole intransitabili o addirittura allagate. A concludere, possiamo citare i torrenti con portata d’acqua più consistente, iniziando dal Campasso: due vallette provenienti dal fianco di Belvedere (cento metri per ciascuna circa), si congiungono in basso nel dare ‘il Pellegrini‘ (per la via, ove arrivano in una vasca comune) importanti perché la loro acqua finiva in vico Chiusone (il nome dice tutto) dopo anche aver alimentato un mulino, dei Tuo, posto circa in via Vicenza, e che saranno incanalati e corretti negli anni 1990 solo dopo ripetuti allagamenti. Procedendo verso Genova, oltre quello già citato ‘dei Grimaldi’ che passava vicino alla attuale chiesa di don Bosco e che anche lui ‘sconvolgeva’ la viabilità quando pioveva un poco più intensamente, torrenti descritti dal Vinzoni, sono:
– ‘il Belvedere’ il quale partendo dalle falde della punta del forte Tenaglia, scendeva passando per la zona Mercato (via G.B Monti) e seguiva il tracciato della Crosa dei Buoi sino al mare.
– seguiva un altro grosso rivo, che oggi sarebbe ‘il Martinetti’, che partendo da sopra il santuario di Belvedere ne seguiva strettamente il fianco per finire in via della Cella ed in mare.
– poco a est di esso, partendo anche lui tra Belvedere e Promontorio, ma seguente una valletta più corta e tutta sua, quello degli ‘Imperiale’ già descritto sopra.
– infine ultimo e più grosso di tutti, ricevendo quattro importanti affluenti, quello di San Bartolomeo’, il quale scendendo il suo ‘fossato’ passava lungo via G.B. Carpaneto e scendeva al mare.
Ezio Baglini

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Carta del Vinzoni (1757):

In celeste a sinistra il torrente Polcevera

1 – verde – torrenti Belvedere → via Pellegrini

2 – giallo – torrente Belvedere – Grimaldi → via C.Rolando

3 – fucsia – torrente Crocetta → crosa dei Buoi

4 – blu – torrente Belvedere → Martinetti → crosa della Cella

5 – rosso – torrente Promontorio → villa Imperiale → La Spezia→ vico Stretto sA.

6 – celeste – torrente Tenaglia → san Bartolomeo

3 commenti su “Dagli articoli di Ezio Baglini: i rivi nascosti di San Pier d’Arena”
  1. che grave perdita è stata per San Pier D’Arena e per noi tutti l’improvvisa scomparsa di Ezio Baglini! Benissimo fa Stefano Doria a continuare nella pubblicazione sul Gazzettino di scritti di Ezio. E’ una incredibile miniera di nozioni fondamentali per noi e per chi verrà. GRAZIE EZIO!!!
    Pietro Pero

  2. Reduce dall’ospedale (erniectomia), solo oggi leggo l’articolo di Ezio Baglini che mi lascia di stucco per interesse e competenza. Proprio nel contempo ricevo l’invito per la presentazione del 3 Novembre a Palazzo Tursi del libro “Genova dalle origini all’anno Mille”. Si dice anche di “contributi”: quale specifico e colto contributo per quell’opera sarebbe stato l’articolo di Ezio e… sarebbe stata un’opportuna occasione per ricordare “ufficalmente” il nostro grande amico scomparso.

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